Non è solo la solita “giornata mondiale”. Il 22 aprile è diventato un megafono globale, e quest’anno suona più forte che mai. Perché mentre la Terra lancia segnali sempre più chiari, i giovani rispondono con voce unita, decisa e arrabbiata. Non si accontentano di retorica o promesse: scendono in piazza, si organizzano e chiedono scelte vere.
La Giornata Mondiale della Terra non è un semplice appuntamento da segnare in calendario. Il 22 aprile di ogni anno milioni di persone in tutto il mondo tornano a parlare di ambiente, crisi climatica, giustizia ecologica. Da Nord a Sud, i cortei climatici sono tornati a riempire le strade. Le richieste? Chiare e dirette: basta con le industrie fossili, stop al riarmo e più investimenti per la transizione ecologica.
Il movimento denuncia un pericoloso paradosso: alcune industrie che avevano promesso di ridurre le emissioni si sono tirate indietro, mentre una parte delle risorse pubbliche viene dirottata verso il settore bellico. Risultato? Un clima sempre più instabile, una temperatura media globale già aumentata di oltre 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, e un futuro che sembra sempre più in fumo.
Quella che molti chiamano “generazione fragile” è in realtà la generazione che sta combattendo più duramente per cambiare le cose. I giovani non vogliono solo “sensibilizzare”: vogliono incidere davvero. Vogliono che la politica ascolti, che le aziende si assumano responsabilità, che le promesse si trasformino in scelte reali.
Scendere in piazza è solo la punta dell’iceberg. Dietro c’è un impegno costante: scelte quotidiane più sostenibili, attivismo digitale, partecipazione a progetti di rigenerazione urbana e ambientale. I giovani non stanno solo chiedendo un cambiamento, lo stanno già costruendo. La novità di quest’anno è l’accostamento tra crisi ambientale e tensioni geopolitiche. Non ci può essere transizione ecologica senza pace, perché un sistema che investe nella guerra invece che nel clima è un sistema che ha perso la bussola.
Così, la Giornata della Terra non è solo un’occasione per piantare alberi o spegnere la luce per un’ora, è un giorno per ascoltare una generazione che chiede, con forza, di poter avere ancora un futuro. Il 22 aprile è il momento giusto per fare un passo indietro e dare spazio a chi ha davvero qualcosa da dire. I giovani non sono solo i protagonisti delle manifestazioni: sono la parte più viva, più sveglia e più determinata della nostra società.
Se ancora pensiamo che il clima sia solo una questione per ambientalisti radicali, forse non abbiamo capito quanto stia cambiando il mondo e quanto bisogno abbia, oggi più che mai, di chi ha il coraggio di alzare la voce.
Il futuro è in piazza, e chi distrugge il clima non può parlare di futuro.