I GIOVANI CERCANO SIGNIFICATO NON STIPENDI

Il problema non sono i giovani, ma il lavoro tradizionale che non funziona più: se ti stressa e non ti valorizza te ne vai, e forse è giusto così. Ma perché il lavoro non è più al centro della vita delle nuove generazioni?


Il mito del posto fisso sta ormai crollando da anni. Oggi sempre più giovani lasciano il lavoro, ma non lo fanno per capriccio, lo fanno perché non si sentono ascoltati, valorizzati e riconosciuti. Lo confermano i dati: secondo vari studi del 2023, il 40% della Generazione Z ha lasciato il proprio lavoro per mancanza di significato e riconoscimento.

Burnout, assenteismo, dimissioni volontarie. Tutti segnali evidenti di un sistema che fatica a stare al passo con una generazione diversa, più consapevole di ciò che vuole (e di cosa non è disposta a tollerare). Il lavoro, per molti giovani, non può più essere solo un modo per guadagnare. Deve avere un senso, un impatto, una dimensione umana.

Il 72% degli appartenenti alla Generazione Z, secondo Deloitte, considera fondamentale lavorare in un ambiente che rispecchi i propri valori. Dunque si chiede un maggiore spazio alla creatività, all’autonomia, al rispetto. Non basta più una scrivania carina o un frigo pieno di snack, serve un luogo dove si possa esprimere il proprio talento senza sentirsi incastrati in modelli ormai vecchi.

E se non succede? Poco più della metà sarebbe disposta a lasciare l’azienda entro due anni. Semplice. Non vogliamo un lavoro, vogliamo uno scopo.

La Generazione Z cerca autenticità. Non solo slogan, ma aziende che mettano davvero le persone al centro. Si ha necessità di ruoli che permettano di usare le proprie capacità uniche, oltre al desiderio di lavorare per realtà che si impegnano per il bene comune: dall’ambiente agli animali, dai diritti umani alla salute mentale. Non si tratta di buoni propositi, ma di prerequisiti.

Non è un caso se il lavoro da remoto e i modelli ibridi hanno rivoluzionato il mercato. Le nuove generazioni chiedono libertà: di organizzare il tempo, di bilanciare vita e lavoro, di scegliere come lavorare. Il mito della scrivania dalle 9 alle 18, tutti i giorni, è ormai più vicino all’incubo che al sogno.

Il mondo del lavoro è di fronte a un bivio: ascoltare davvero le nuove generazioni oppure continuare a perderle. La sfida non è solo trattenere talenti, ma costruire luoghi in cui le persone vogliano restare, dove sentano che il proprio tempo ha valore e soprattutto dove ci sia spazio per crescere, creare, contare.

La Generazione Z non cerca il “posto sicuro”. Cerca il posto giusto. E forse è proprio questo il cambiamento più potente di tutti.


Francesco Fabrizi
Redazione GenerazioneT



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